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![]() KURDISTAN (paese dei curdi). Regione geografica dell'Asia minore compresa tra il mar Nero, l'alta Mesopotamia, la catena anatolica dell'Antitauro e l'altopiano iranico. Prevalentemente montuosa, ospita la maggior parte della popolazione di lingua curda (appartenente alla famiglia linguistica indoeuropea) della Turchia, dell'Iraq, dell'Iran, della Siria e dell'ex Unione sovietica. UNA PATRIA NON RICONOSCIUTA. Poiché nessuno dei rispettivi governi ha mai riconosciuto in pieno le aspirazioni autonomistiche curde, non esiste una delimitazione ufficiale dei confini del Kurdistan, né alcun censimento ufficiale della sua popolazione. Secondo le valutazioni più accreditate si calcola comunque che la superficie (di circa 475.000 km) comprenda quasi un sesto della Turchia, un decimo dell'Iran, un sesto dell'Iraq e meno di un decimo della Siria. Sui circa 25 milioni di curdi del Kurdistan le medesime valutazioni ne collocavano, alla fine degli anni ottanta, 12 milioni in Turchia (pari al 24% della popolazione turca totale), 6 milioni in Iran (12% della popolazione iraniana), 4 milioni in Iraq (25% del totale iracheno), poco più di un milione in Siria (10%) e circa mezzo milione nell'ex Urss. L'accentuarsi della diaspora curda ha d'altra parte portato circa metà dell'intera popolazione curda mondiale a vivere fuori dal Kurdistan. Nel Kurdistan vengono fatte rientrare 18 province (vilâyet) della Turchia (Adiyaman, Agri, Bingöl, Bitlis, Diyarbakir, Elazig, Erzincan, Erzurum, Gaziantep, Hakkari, Kars, Malatya, Mardin, Mus, Siirt, Tunceli, Urfa e Van), quattro province (ostân) dell'Iran (Azerbaigian occidentale, Kermanshah, Ilam, Kurdistan), quattro province (muhafadhat) dell'Iraq (Erbil, Sulaimaniyya, Dehok, Kirkuk). Il Kurdistan siriano comprende il Kurd Dagh (montagna dei curdi) a nordovest di Aleppo, la regione di Jerablus e Kobani a nordest di Aleppo e la parte settentrionale della muhafadha di al-Hasakah. Nel Kurdistan ex sovietico infine rientravano parte della Georgia, dell'Armenia orientale e dell'Azerbaigian settentrionale. Noti fin dall'antichità per la natura bellicosa e indipendente, i curdi (ricordati anche da Senofonte nell'Anabasi) riuscirono a evitare l'assimilazione da parte dei conquistatori romani, bizantini, arabi, selgiuchidi, mongoli e ottomani, dando vita a dinastie autonome tra cui la più nota è probabilmente quella fondata da Saladino, che nel XII secolo divenne sultano d'Egitto e Siria. Nell'impero ottomano (all'interno del quale nel XVI secolo venne a trovarsi, grazie alle guerre turco-persiane, la maggior parte del Kurdistan) i capi curdi godevano di fatto di un'indipendenza pressoché totale, poiché le difficoltà di comunicazione rendevano il più delle volte meramente teorico il loro obbligo formale di pagare il tributo e fornire contingenti militari alla Sublime porta. Fu proprio la volontà ottomana di rendere reale la sovranità sulle regioni più remote dell'impero, mediante l'esazione fiscale, la coscrizione obbligatoria e altre forme di presenza dello stato, a scatenare nel XIX secolo le prime rivolte curde, che subirono tuttavia il destino generale delle minoranze: la strumentalizzazione da parte delle grandi potenze. I curdi divennero oggetto di una crescente attenzione da parte dell'impero zarista ai tempi delle guerre russo-turche: ai combattimenti in Crimea, per esempio, parteciparono anche unità curde inserite nello schieramento russo, il che non poteva fare a meno di allarmare i governanti della Sublime porta verso un gruppo etnico che, in quanto musulmano sunnita, aveva sempre dato minori preoccupazioni degli armeni cristiani. Le ingerenze russe fecero deteriorare le relazioni tra armeni e curdi, fino allora vissuti in ragionevole armonia nelle medesime regioni dell'Anatolia orientale. Ovviamente la Russia, protettrice delle comunità cristiano-ortodosse dell'impero ottomano, privilegiava gli armeni; ma, di fronte al movimento nazionalista armeno in Anatolia, anche i curdi cominciarono a rivendicare l'autonomia. UNA PERSISTENTE ASPIRAZIONE ALL'AUTONOMIA. Le aspirazioni curde sembrarono sul punto di realizzarsi all'indomani della Prima guerra mondiale, quando si costituì un comitato per l'indipendenza del Kurdistan. La sua opera fu però essenzialmente diretta a contrastare le rivendicazioni armene sulle regioni dell'Anatolia orientale in cui erano presenti entrambe le minoranze. La conferenza di Versailles, nel 1919, di fronte alle richieste curde, si limitò a stabilire un regime transitorio di autonomia suscettibile di trasformarsi in piena indipendenza. Il trattato di Sèvres con la Turchia (1920) prevedeva infatti che una commissione franco-britannico-italiana elaborasse entro sei mesi un progetto di autonomia per le regioni in cui domina l'elemento curdo entro un'area resa imprecisata dal riferimento alla frontiera meridionale dell'Armenia, come sarà determinata in seguito: determinazione ancora attesa, giacché l'Armenia prevista entro i confini ottomani, diversamente da quella sovietica, non ha mai visto la luce. La Società delle nazioni doveva, dal canto suo, garantire il diritto dei curdi all'indipendenza qualora la maggioranza di essi ne avesse fatto richiesta. Questo progetto rimase sulla carta perché la Turchia repubblicana riuscì a sventare (trattato di Losanna, 1920) lo smembramento dell'Anatolia previsto dalle grandi potenze con la creazione, oltre che del Kurdistan e dell'Armenia, anche di zone d'influenza greca, italiana e francese. Da allora i curdi sono rimasti divisi fra Turchia, Iran, Iraq, Siria e Urss, continuando invano a cercare di conquistare l'indipendenza promessa e poi negata. La Turchia repubblicana, che ha ricusato l'esistenza stessa dei curdi (definendoli "turchi di montagna") è il paese che con più durezza ha represso le aspirazioni al riconoscimento del particolarismo etnico-linguistico e culturale del Kurdistan, addirittura vietando l'uso (fino a epoca recentissima anche in privato) della lingua curda, e concludendo con gli stati confinanti accordi per una lotta comune contro i movimenti autonomisti curdi che alimentano un'intermittente guerriglia contro i poteri centrali soprattutto in Iraq ein Turchia. Il governo di Baghdad, che nel 1970 aveva concluso con i curdi locali un accordo di grande importanza teorica (prevedeva una larga autonomia e una partecipazione curda ai proventi dei giacimenti petroliferi dell'Iraq meridionale), se lo rimangiò impegnandosi in una cruenta repressione, con uso di armi chimiche, che si accentuò dopo la sconfitta irachena nella guerra del Golfo (1991). In Siria i curdi rischiano un'assimilazione sotto forma di arabizzazione forzata che, pur essendo meno cruenta, non è più accettabile di quanto avviene in Turchia o in Iraq. La Siria, come del resto l'Iran, in passato ospitò movimenti indipendentisti curdi in funzione antiturca o antirachena, ma negli ultimi tempi ha limitato la loro libertà d'azione. A parte l'Urss, comunque, il paese che ha riservato ai curdi il trattamento migliore è stato l'Iran. P.G. Donini ![]() A. Giannini, L'ultima fase della questione orientale (1913-1931), Istituto per l'Oriente, Roma 1933; Id., Documenti per la storia della pace orientale (1915-1932), Istituto per l'Oriente, Roma 1933; M. Galletti, I Curdi nella storia, Vecchio Faggio Editore, Chieti 1991. |
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